13 maggio 2011
Nessuna farmacia rovinata con le liberalizzazioni
Solo concorrenza e risparmi per i cittadini
Nessuna farmacia chiuderà se dovessero essere liberalizzati i farmaci di fascia C (con obbligo di ricetta medica) lo dicono i dati smentendo clamorosamente le affermazioni di Federfarma.
Oltre il 98% delle parafarmacie che hanno aperto dopo il decreto Bersani sono ubicati in comuni con popolazione superiore alle 2000 unità e questo semplicemente perché sarebbe per loro difficile sopravvivere in comuni con popolazione inferiore ove già esiste una farmacia.
Tali dati sono sufficiente a smentire studi “artefatti” che vorrebbero la “rovina” di un gran numero di farmacie rurali a seguito della fuoriuscita dalla farmacia dei farmaci con obbligo di ricetta medica (Fascia C).
La “desertificazione” dei centri storici dei piccoli comuni è iniziata anni or sono, ben prima dei processi di liberalizzazione, allorché i titolari di farmacia, all’interno della loro pianta organica, hanno scelto legittimamente di spostare la propria sede vicino a centri commerciali o in zone economicamente più appetibili.
Le farmacie rurali, soprattutto quelle che operano in zone disagiate, svolgono un ruolo importantissimo ed andrebbero sostenute ed aiutate in maniera concreta. Si può cominciare proprio riformando la definizione di farmacia rurale a cui sono legate alcune agevolazioni economiche, modificando il meccanismo che oggi è legato al numero di abitanti per spostarlo sui fatturati di ogni singola azienda. In questo modo aiuteremmo quelle farmacie che ne hanno reale bisogno.
La liberalizzazione dei farmaci d’automedicazione è un successo palese e da essa si può prendere esempio per dare nuovo impulso all’economia. Il mercato, se regolato con norme eque, è in grado di autoregolarsi e portare maggiore concorrenza là dove serve ed è utile.
La strategia della paura o della drammatizzazione non paga più, bisogna essere più seri. Nel 2050 l’Istat ci dice che oltre il 33% della popolazione avrà più di 65 anni è arrivato il momento di abbandonare privilegi e monopoli per pianificare un modello sanitario che raccolga le nuove sfide della società.