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27 febbraio 2019

Audizione MNLF alla Camera dei Deputati VII Com. Cultura

No al numero chiuso nelle facoltà di famacia

Quello che segue è il testo dell'intervento del Dr. Fabio Romiti (V. Presidente MNLF) nell'audizione davanti alla VII Commissione Cultura della Camera dei Deputati. Il documento intero può essere letto qui , mentre il video dell'intervento può essere seguito attraverso You Tube

 

Malala Yousafzai, ferita alla testa dai talebani, premio Nobel per la Pace a soli 17 anni nel 2014  ha detto in diverse interviste:: “Essere la prima della classe non ha nessuna importanza, se non puoi studiare affatto. Quando qualcuno ti toglie la penna di mano, allora sì che capisci davvero quanto sia importante l’istruzione.”
Ora fatte le dovute proporzioni abbiamo voluto citare Malala perché ad ogni longitudine ed ad ogni latitudine c'è sempre qualcuno pronto a toglierti la penna dalla mano, le motivazioni saranno sicuramente diverse, ma hanno sempre qualcosa in comune, la tutela di un interesse particolare, non necessariamente di quello generale.
 
 
La strategia Europa 2020 è l'agenda dell'UE per la crescita e l'occupazione per l'attuale decennio. L'istruzione e la formazione sono al centro della strategia Europa 2020 e sono visti come fattori chiave per la crescita e l'occupazione.
 
Nel 2017 secondo i dati Eurostat   meno di una persona su sei tra coloro che sono in età da lavoro ha la laurea in Italia, il secondo dato peggiore in Europa dopo la Romania.
Se guardiamo ai Paesi più industrializzati l'OCSE certifica che il ritardo dell'Italia rimane ancora alto: il 4 per cento con la laurea triennale, contro il 17% dei paesi Ocse; il 18,7% di laureati contro il 33%.
Questa situazione sia a livello continentale che globale non può essere ignorata e deve rappresentare il "faro" illuminante rispetto alle scelte di riforma dell'attuale legislazione che si vogliono intraprendere.
In questa sede vi è stato riferito che sono circa 4700 in media gli studenti in farmacia ogni anno si laureano e di questi circa 4000 s'iscrivono agli ordini professionali, il dato è sostanzialmente corretto.

Aggiungiamo però che ciò avviene a fronte di circa 8500 nuovi immatricolati  in calo negli ultimi anni. Questo mentre il totale degli iscritti compresi i fuori corso si aggira intorno alle 50.000 unità.
Come si può notare la selezione tra numero d'immatricolati e laureati avviene in maniera quasi naturale laddove circa il 50% delle matricole arriva al termine del percorso di studi.

In questa sede e non solo, vi è stato riferito che esiste un " profondo e crescente squilibrio tra il numero dei laureati in farmacia e il relativo fabbisogno. Da qui la richiesta di adottare anche per il corso di laurea in Farmacia del numero chiuso su base nazionale.

E per dar forza alle loro tesi citano l'iniziativa del Joint Action Health Workforce Planning and Forecasting promossa dalla Commissione europea facendo ad arte credere che i dati riportati siano frutto di un'analisi europea.
Ma non è così, sono tutto lavoro di casa nostra.
il Joint Action Health Workforce Planning non ha raccolto dati perché esso è semplicemente una metodologia proposta ai Paesi membri per pianificare la forza lavoro in ambito sanitario.
Il decreto Legge 30 dicembre 1992 n. 502 ai fini della programmazione del Ministero dell'Università e della ricerca scientifica ha tra i soggetti che debbono fornire obbligatoriamente i dati gli Ordini professionali e nel nostro caso la Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani.
Ovvero gli stessi che in questa sede e in altre occasioni chiedono d'introdurre il numero chiuso su base nazionale per l'accesso a farmacia.
Da qui sorge spontanea una domanda: come vengono raccolti questi dati?
Nel dato finale ci sono i fabbisogni non direttamente legati al S.S.N.?
Ci sono le richieste di personale laureato delle farmacie, delle parafarmacie, dell'industria, della distribuzione intermedia e di tutti quei soggetti in cui la presenza del farmacista è indispensabile.
Questi fabbisogni sono stati raccolti?
Molto spesso le richieste di lavoro non passano affatto attraverso l'Ordine territoriale di competenza.
Da ciò i dubbi dello scrivente rispetto la reale consistenza del dato di 448 farmacisti come fabbisogno annuale che il sistema sanitario nazionale esprime per questi professionisti.
Ma la vera domanda e motivo della nostra contrarietà a qualsiasi blocco di accesso all'università è un'altro: il mercato del lavoro per i farmacisti italiani è realmente saturo o, come noi crediamo, alterato da una legislazione che impedisce di creare occupazione?
L'attuale assetto legislativo della farmacia italiana non permette aumento del numero degli esercizi, fatta eccezione per il concorso straordinario del "Cresci Italia" che rispetto alle previsioni di 5000 nuove farmacie, non potrà permettere l'apertura di più di 5/600 farmacie, non ci sono all'orizzonte espansione del numero di farmacie in Italia.
La riforma del mercato dei farmaci d'automedicazione ha invece consentito l'apertura di circa 3500 parafarmacie con la creazione di circa 5000 nuovi posti di lavoro, ma le potenzialità sono frenate dall'impossibilità per questi professionisti di dispensare un numero maggiore di farmaci.
Inoltre, in diversi ambiti ove viene dispensato il farmaco per legge non è prevista come obbligatoria la presenza del farmacista e quel compito che prevede competenze tecniche viene svolto da altri privi di tale formazione.
Noi ci chiediamo e vi chiediamo: Quale sarebbe l'impatto per l'occupazione del farmacista italiano se la legislazione relativa alla dispensazione dei farmaci fosse riformata e  consentito al farmacista che lavora negli esercizi di vicinato (parafarmacie) di cedere anche farmaci che necessitano di ricetta medica, ma pagati direttamente dai cittadini?
Quanti occupati avremmo se nei luoghi privati di degenza e cura dove sono utilizzati i farmaci fosse resa obbligatoria la presenza della figura professionale del farmacista?
Potremmo ancora permetterci di parlare di fabbisogno pari a zero o al contrario, come crediamo, di un fabbisogno superiore all'attuale?
 
La richiesta di regolare attraverso un numero chiuso l'accesso al corso di laurea in farmacia è immotivata e strumentale a mantenere invariato l'attuale assetto legislativo.
 
In natura se il corso di un fiume è bloccato a valle da un ostacolo, sarò molto probabile che prima o poi esso uscirà dal suo alveo.
Le esondazioni non avvengono mai per colpa del fiume, ma per ostacoli che artificialmente vengo posti a valle o lungo il suo percorso, chiedere di fermare il fiume del sapere perché desidero mantenere quegli ostacoli è immorale.
 
La richiesta di numero chiuso risulta avere anche dei connotati classisti, perché è del tutto evidente che tra coloro che rimarrebbero fuori ma con maggiori disponibilità economiche potrebbe scegliere di iscriversi ad altra università europea.
Naturalmente ad essere veramente esclusi sarebbero quelli con minore disponibilità economica.
Nemmeno la scelta di stabilire uno sbarramento dopo il primo anno del corso di studi sarebbe in grado di evitare questo "effetto collaterale".
Chi rappresenta i farmacisti italiani in maniera istituzionale invece di proporre blocchi immotivati dovrebbe adoperarsi maggiormente per eliminare legislazioni che impediscono la creazione di nuovi posti di lavoro e industriarsi per allargare gli ambiti lavorativi.
 
Noi vi chiediamo di rimuovere ove possibile il numero chiuso nelle facoltà italiane e di respingere al mittente quella relativa ai farmacisti.
 
L'Italia ha la necessità vitale per crescere di allargare il numero dei portatori di competenze, ha necessità di aprirsi alla competizione delle conoscenze, non ha bisogno di chiudersi per garantire ad alcuni di continuare a godere di privilegi anacronistici.

 

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