11 dicembre 2015
La liberalizzazione dei farmaci di fascia C non nuoce alla salute
Lo studio dell'Istituto Bruno Leoni
L'Istituto Bruno Leoni ha realizzato uno studio (testo completo) dal titolo molto chiaro "La liberalizzazione dei farmaci di fascia C non nuoce alla salute. Rimandandovi alla lettura completa dello studio riportiamo alcuni passaggi.
... chi si oppone sostiene che un’offerta più ampia metterebbe a rischio la sicurezza dei pazienti, porterebbe a un aumento dei consumi di farmaci e determinerebbe la chiusura delle farmacie più piccole (le rurali) che sono un fondamentale presidio sanitario sul territorio. Come vedremo si tratta di argomenti in gran parte superati e che non hanno trovato riscontro nella realtà.
... è importante interessarsi anche della liberalizzazione di mercati più piccoli come quello dei farmaci di fascia C, non solo perché mostrano in piccolo gli identici meccanismi di pressione politica da parte di specifici gruppi per mantenere lo status quo, ma soprattutto perché la rimozione delle tante più o meno piccole sacche protette dalla concorrenza può dare un contributo significativo alla crescita economica e al miglioramento della vita quotidiana delle persone.
... L’idea che le persone abbiano una spesa predeterminata da destinare ai farmaci e quindi che ne comprino di più se si abbassa il prezzo, oppure che consumino medicinali inutili perché spinti da offerte vantaggiose, oltre a sembrare difficilmente sostenibile a livello ipotetico, è stata smentita dalle evidenze degli ultimi anni. Il mercato dei farmaci senza obbligo di prescrizione, quelli interessati dalla liberalizzazione, è in costante calo per il numero di confezioni vendute: circa -10% dal 2007 al 2013. Il pericolo di maggiori rischi per la salute dei cittadini - che è poi il motivo che più di ogni altro giustificherebbe una limitazione alla libertà economica e d’impresa – è pertanto scongiurato e le previsioni più allarmanti smentite
... Perché è vero, come dice l’Aifa, che i numeri parlano, ma non parlano da soli, spesso sono un po’ come il pupazzo Rockfeller che sembrava esprimersi autonomamente e invece era animato da un ventriloquo. Guardando la serie storica della spesa per i farmaci senza obbligo di ricetta pubblicata dall’Aifa si nota che la spesa è stata più o meno costante, con alti e bassi, attorno ai 2,1 miliardi per tutti gli anni dal 2006 al 2012. La quasi totalità dei 200 milioni di maggiore spesa, che l’Aifa imputa alla liberalizzazione, si verifica tra il 2012 e il 2013. È mai possibile che gli effetti negativi della liberalizzazione siano concentrati tutti in un solo anno e dopo sei anni dalla sua approvazione? Sembra abbastanza strano, l’impressione è che nel 2012 sia successo qualcosa che ha fatto salire la spesa complessiva di Sop/Otc. Una spiegazione più che probabile è il delisting di quell’anno, ovvero la riclassificazione di centinaia di farmaci passati da “obbligo di prescrizione” a “senza obbligo di prescrizione”. In pratica nella categoria dei medicinali interessati dalla liberalizzazione nel 2012 sono entrati centinaia di farmaci che avevano un prezzo medio più alto, facendo crescere il livello della spesa complessiva:
... Non c’è alcun rischio di aumento sconsiderato dei consumi perché è il medico che decide dosi, tempi e quantità di prescrizione del farmaco e non può essere influenzato neppure a livello ipotetico dagli eventuali sconti applicati da farmacie e parafarmacie. In questo caso c’è solo un tipo di consumo che può aumentare, ma che non è “superfluo” o “eccessivo”, e riguarda chi in seguito a una riduzione di prezzo potrà acquistare un farmaco che prima non comprava non perché non ne avesse bisogno, ma perché costava troppo.