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15 luglio 2014

Mario Draghi: riforme strutturali priorità

Al pari del risanamento dei bilanci

 

N.d.r. - Lo andiamo ripetendo da anni: le riforme strutturali sono importanti come i risanamenti dei bilanci. E per l'Italia sono importanti per la crescita. Certo, le riforme a carattere istituzionale (vedi Senato) sono fondamentali (con la partecipazione attiva e diretta dei cittadini), anche perchè un buon funzionamento delle istituzioni porta anche ad un funzionamento dell'economia e viceversa. Tuttavia, tali riforme da sole non bastano se non vi sono degli imput più strettamente legati alla liberazione delle risorse e delle energie legate a mercati in cui la competitività e quasi o del tutto assente. Se si fanno riforme istituzionali, ma l'assetto corporativo ed autoreferenziale dell'economia rimane tale, il Paese continua a non crescere, non si creano nuove opportunità, non si creano nuovi posti di lavoro, non si crea ricchezza. Continuare ad attingere dalla classe media senza fornire nuovi motivI di crescita e di speranza significa "svuotare " un serbatoio che prima o poi si esaurirà.

Per questo il richiamo di Draghi è importante per chi fino ad ora (e sono in tanti) ha fatto finta di non capire le raccomandazioni della BCE.

Articolo della STAMPA

Le riforme strutturali, formula con cui i tecnici si riferiscono a liberalizzazioni, riduzione della burocrazia e maggiore competitività, diventano una priorità al pari del risanamento dei bilanci agli occhi della Bce. Allo stesso tempo «è fondamentale applicare le regole» di disciplina di bilancio europee con il Fiscal Compact.

Mario Draghi, il presidente della Bce, per la prima volta arriva a equiparare la governance delle riforme, pensate per rilanciare la crescita dinamizzando le economie dell’Eurozona, alla governance dei bilanci. Al punto di suggerire di affidare all’Unione europea «una qualche forma di governance comune delle riforme strutturali», un’idea «che avrebbe un forte motivo d’essere». E che è giustificata, secondo il presidente della Bce intervenuto a una commemorazione di Tommaso Padoa-Schioppa, non solo dalla necessità di ridurre gli squilibri fra i Paesi dell’Eurozona, nella quale che a differenza degli Stati Uniti «nel medio termine ogni economia deve stare in piedi da sola». A giustificare un governo europeo delle riforme, spiega Draghi, è anche la difficoltà dei singoli Paesi nel realizzare misure politicamente costose: «l’esperienza storica, per esempio quella del Fmi - spiega Draghi - fornisce argomentazioni convincenti che la disciplina imposta da autorità sovranazionali può facilitare il dibattito sulle riforme a livello nazionale». In altre parole, le riforme politicamente costose, se imposte dall’Ue avrebbero maggiori chance di successo.

L’accento sulle riforme non smuove la Bce dal suo appello al risanamento dei bilanci, proprio mentre a Bruxelles si è appena concluso un serrato negoziato per rendere le regole più flessibili. Per Draghi «è di considerevole rilevanza e importanza» che l’Europa abbia fatto progressi rafforzando quelle regole con il Fiscal Compact: ora bisogna applicarle, perché, dice il presidente della Bce, annacquare il consolidamento vorrebbe dire darsi la zappa sui piedi: «l’alto debito» rende quasi tutti gli Stati vulnerabili, aumentando la probabilità di cadere in uno squilibrio in cui «alti tassi inducono il default».

Parole forti per la Bce, che quasi tre anni fa impedì il collasso dell’euro promettendo di fare «qualsiasi cosa» per impedire la fuga dal debito dei Paesi sotto stress. Draghi, divenuto di fatto il principale garante della tenuta dell’euro, avverte il rischio che la calma apparente, creata da una Bce che sta guadagnando tempo ai governi, abbassi l’asticella delle riforme e affievolisca la volontà di ridurre i debiti. Naturale il richiamo a Padoa-Schioppa, ex consigliere esecutivo della Bce oltre che ministro dell’Economia italiano: «Il nostro futuro - dice Draghi ricordando l’ex collega a Londra - è in una maggiore integrazione, non nella ri-nazionalizzazione delle nostre economie. Sospetto che Tommaso sarebbe stato d’accordo». Integrazione monetaria, di bilancio e, ora, anche sulle riforme per la crescita.
 

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