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11 novembre 2013

Benzinai, taxi e ferrovie coś le liberalizzazioni sono rimaste un sogno

Affari e Finanza - articolo di Walter Galbiati

Un sogno lungo oltre 17 mesi, ma solo un sogno quello delle liberalizzazioni. Lobby e corporazioni hanno da subito messo in atto le contromisure sperimentate in decenni di vicinanze al potere politico. Sintesi e paradigma la notte "Burlesque" (spettacolo satirico che nasce in Inghilterra nel XVIII secolo con molteplici trasformazioni di ballerine) in cui venne cancellata la liberalizzazione dei farmaci di fascia C.

L'articolo di Walter Galbiati che qui riproduciamo ne è lo specchio di un fallimento, fallimento di chi pensa di liberalizzare senza privare parte del potere a chi sino a quel momento lo ha detenuto. "Everything changes because nothing changes".

MIlano L’ ultimo a metterci mano è stato lo scorso anno l’ex premier Mario Monti, dopo che nel 2006 il tema delle liberalizzazioni era stato preso di petto dall’allora ministro per lo Sviluppo economico, Pier Luigi Bersani. La fantasia del governo dei professori ha chiamato il decreto, pensato ad hoc per incrementare la concorrenza, “Cresci Italia” nella speranza che un po’ più di libero mercato avrebbe agevolato la ripresa economica. Eppure a un anno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto, non sono in molti ad essere contenti e la fiducia dei consumatori italiani ha solo da poco iniziato a risalire. Con la legge si è fatto da una parte qualche passo in avanti, mentre dall’altra sono emersi alcuni limiti. Del resto il “Cresci Italia” nasceva già un po’ azzoppato perché garantiva ai governanti la possibilità di dilazionare nel tempo le liberalizzazioni, anche per smussare i cori di mugugni e di vere e proprie proteste di alcune categorie interessate. Oggi a lamentarsi sono soprattutto i consumatori, che la giudicano insufficiente, e chi vorrebbe entrare nel mondo delle professioni senza quelle barriere all’ingresso che spesso le rendono inavvicinabili. L’articolo uno del Decreto era chiarissimo e scardinava molti privilegi, abrogando «le norme che prevedono limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso dell’amministrazione comunque denominati per l’avvio di un’attività economica non giustificati da un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l’ordinamento comunitario nel rispetto del principio di proporzionalità ». Un testo ineccepibile degno dei padri costituenti. L’abrogazione, però, era stata rinviata all’entrata in vigore dei regolamenti, che fra le altre cose, devono sempre individuare «le attività per le quali permane l’atto preventivo di assenso dell’amministrazione». A fine 2012, su 53 regolamenti ne erano stati approvati solo 11. Una delle voci di maggiore protesta è stata quella degli aspiranti farmacisti: la legge prevedeva che si poteva arrivare a un nuovo esercizio ogni 3.300 abitanti, per portare sulla carta all’apertura di 5mila negozi. Ma sembra che niente di tutto ciò si sia mai verificato, almeno stando a sentire il Movimento nazionale liberi farmacisti, in uno scenario in cui di fatto non sono stati banditi né concorsi seri né istituite le commissioni. «Le sedi farmaceutiche poste a concorso sono state istituite per metà in zone assolutamente disabitate, lontane dai centri abitati e sicuramente destinate a non essere mai aperte perché prive dei parametri minimi per la sopravvivenza», ha denunciato il movimento, aggiungendo che i ricorsi dei farmacisti titolari stanno già intasando i Tribunali amministrativi regionali. Di questo passo entro il 2015, si potrà arrivare all’inaugurazione di non più di 1800 nuove farmacie. A metà luglio di quest’anno, invece, il governo ha fatto un passo in avanti sul fronte della tormentata questione dei tassisti e della rete ferroviaria, tenendo a battesimo l’Authority per i Trasporti. Il decreto “Cresci Italia” aveva, infatti, lasciato la decisione sull’aumento delle licenze ai comuni e al parere obbligatorio, ma non vincolante, di un Authority che lo scorso anno non esisteva nemmeno. In estate il governo Letta l’ha istituita, dando il via all’iter parlamentare e proponendo come componenti Andrea Camanzi (presidente), Barbara Marinali e Mario Valducci. «L’autorità rappresenta l’elemento ideale per procedere alla liberalizzazione del mercato e per dare regolamento a un settore importante. Abbiamo scelto persone qualificate e che garantiscano una funzione terza indispensabile per una liberalizzazione del settore», ha sentenziato, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi. L’obiettivo è di dotare un settore nevralgico per il paese di un organismo indipendente che tuteli consumatori e utenti, come già avviene per il comparto delle telecomunicazioni e dell’energia. Anche qui nel costituire l’organismo i proclami sono dei migliori: «All’Autorità sono affidati compiti significativi, di regolazione, di promozione della concorrenza e di tutela dei consumatori volti a garantire e promuovere lo sviluppo di condizioni concorrenziali nei diversi comparti quali, tra gli altri, quello ferroviario, autostradale e aeroportuale; condizioni eque e non discriminatorie di accesso alle infrastrutture da parte dei soggetti che esercitano servizi di trasporto; adeguati livelli di efficienza e di qualità dei servizi; livelli tariffari equi, trasparenti e orientati a costi di gestione efficienti». Ora si aspettano i fatti. Lamentele sono arrivate anche in senso opposto, da molti professionisti che hanno accusato il “Cresci Italia” di avere minato i loro rendimenti, allargando le maglie per l’ingresso nella professione. In prima fila, i notai. Entro il 2016, secondo quanto previsto dal governo Monti, la pianta organica dovrebbe salire dai 5700 attuali a 6200. Secondo uno studio dell’Adepp (l’Associazione degli enti previdenziali privati), negli ultimi sei anni, il reddito dei notai si sarebbe già dimezzato e ora con l’arrivo di nuova concorrenza i custodi dei registri temono un ulteriore peggioramento. In realtà una parte del ridimensionamento dei guadagni, deve ascriversi alla crisi del settore immobiliare ed economica in generale: il repertorio, l’indicatore degli atti registrati, è passato da 129.400 euro a 66.800. Difficili da verificare, invece, i comportamenti di banche e assicurazioni: le prime avrebbero dovuto garantire conti correnti senza spese di apertura e di gestione per i pensionati con assegni fino a 1.500 euro e per chi chiede un mutuo, non imporre l’apertura di un conto corrente e sottoporre al cliente almeno due preventivi per la polizza vita. Le compagnie, invece, dovrebbero offrire al cliente tre preventivi di altrettante compagnie prima della sottoscrizione di una polizza. Impossibile pensare un controllo agli sportelli o nelle singole agenzie di assicurazione. E ancora molto lontana resta la liberalizzazione definitiva per la rete dei distributori di carburanti ancora dominata dai grandi gruppi. Secondo uno studio dell’Adepp negli ultimi sei anni il reddito dei notai si sarebbe già dimezzato e ora con l’arrivo di nuova concorrenza temono un ulteriore peggioramento.

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