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27 settembre 2013

Competitività: l'Italia arretra perchè le lobby comandano

Riforme a costo zero per lo Stato

Mentre Grecia e Spagna aumentano il loro livello di competitività, l'Italia perde in  soli 10 anni il 20% di produttività.  Questo "lusinghiero" risultato è frutto di politiche miopi da sempre assoggettate alla volontà di lobby e centri di potere.
L'interesse generale, sbandierato in ogni occasione elettorale, è smentito da "pratiche" parlamentari poste a  tutela di particolari interessi.


Poco importa se la disoccupazione giovanile è salita al 40% (51% al Sud) e molti dei giovani più brillanti sono già emigrati o si apprestano a farlo, quello che importa è solo ed unicamente la difesa della propria posizione.
Familismo, nepotismo, raccomandazioni la fanno da padrone in un sistema autoreferenziale che ha definitivamente "sigillato" un ascensore sociale bloccato da tempo.
La crisi economica è per l'Italia solo un alibi, mentre per gli altri Paesi risulta essere un formidabile incentivo per rinnovarsi e ritornare a correre.

Il Governo Letta questi problemi semplicemente li ignora perché bloccato da un conservatorismo arcaico.


Dopo le "lenzuolate" del 2006 la maggior parte dei tentativi di aprire "il castello" Italia ad una maggiore competitività sono miseramente falliti davanti alle contromisure poste in essere da lobby e corporazioni. Per tutti valga l'esempio delle  libere professioni : mentre qualcuno pensa d'istituire nuovi ordini, solo negli ultimi nove mesi l'Autorità Garante della Concorrenza è dovuta intervenire aprendo procedure contro il Consiglio Nazionale Forense, quello Notarile e la Federazione Nazionale dei Medici e Odontoiatri.

Il caso dei farmacisti è poi addirittura scandaloso. Abortito con un blitz notturno il progetto del Governo Monti di liberalizzare la fascia C dei farmaci (quelli pagati direttamente dai cittadini), si era fatto credere agli italiani che con la nuova legge (1/2012) si sarebbero aperte 5000 nuove farmacie. Ebbene, a tutt'oggi non solo non si è aperta una sola farmacia, ma tutti i concorsi sono bloccati a causa dei  centinaia di ricorsi dei farmacisti titolari. Inoltre, se il concorso vedrà mai la luce, al massimo verranno aperte non più di 1500 farmacie in tutto il territorio nazionale, un aumento inferiore al 10% degli esercizi oggi in attività.

Il Paese è fermo, non ha un piano industriale, nessuna politica tesa ad aumentare le opportunità, nulla che incentivi  crescita e competitività. L'Italia è una nazione ripiegata su se stessa, con una politica che giorno dopo giorno si allontana dai problemi reali.
Eppure, se solo si avesse il coraggio di abbandonare i tanti interessi corporativi che impediscono lo sviluppo della nostra economia, ci sarebbero moltissime riforme a costo zero per lo Stato in grado di liberare risorse, creare nuove aziende e nuovi posti di lavoro, inducendo maggiori entrate per lo Stato.
Un esempio concreto potrebbe essere rappresentato da una vera e profonda riforma liberale delle professioni che rimuova definitivamente i numerosi  vincoli  ancora presenti in tema di tariffe, tirocinio, pubblicità, società ed in particolare, nel settore farmaceutico, la liberalizzazione dei farmaci di fascia C.

Riforme che non costerebbero nulla allo Stato, ma che avrebbero una sola controindicazione: la diminuzione del consenso elettorale di origine corporativa.
 

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