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05 settembre 2013

Conclusioni Avvocato generale Corte di Giustizia

L’articolo 49 NON osta alla normativa nazionale

In data odierna l'Avvocato generale proposto dalla Corte di Giustizia Europea nelle cause C-159/12, C-160/12, C-161/12 (Venturini, Gramegna, Muzzio) ha presentato alla Corte le proprie conclusioni proponendo di rispondere al Tar Lombardia che aveva sollevato la question pregiudizial che «L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, che riserva alle farmacie la vendita di medicinali soggetti a ricetta medica, ma posti a carico dell’acquirente».

Questo significa che la normativa italiana che impedisce alle parafarmacie di vendere i farmaci con obbligo di ricetta ma a cartico dell'aquirente non è contraria alla normativa europea.

Tuttavia, questa non è la SENTENZA DEFINITIVA, ma solo ciiò che viene proposto alla Corte di adottare, per la sentenza definitiva bisognerà aspettare il mese di dicembre.

Alcuni elementi vanno però analaizzati: l'unico motivo che viene adottato per arrivare a queste conclusioni è la potenziale perdta di fatturato delle farmacie che nel convincimento dell'Avvocato porterebbe ad una possibile perdita di quell'unifotmità di assitenza farmaceutica nazionale perchè nei centri minori alcune farmacie più piccole potrtebbero risentire di volumi di fatturato inferiori.

Tale giustificazioni potrebbero essere facilmente negate dai dati e dalla distribuzione delle parafarmacie nel territorio, dati che evidentemente non sono stati analizzati a dovere.

Lo stesso Avvocato generae riconosce nelle proprie conclusioni che DISCRIMINAZIONE c'è. Esiste.

 Nelle sue osservazioni la Federfarma sottolinea che le parafarmacie sono sostanzialmente ordinari esercizi commerciali in cui viene venduta una varietà di prodotti, e che il divieto di vendere determinati medicinali non produrrebbe l’effetto di scoraggiare l’apertura di nuove parafarmacie in Italia da parte degli operatori stranieri.

      Tuttavia, a mio parere, se le parafarmacie fossero effettivamente negozi la cui principale attività economica è completamente avulsa dalla vendita di medicinali (come i supermercati, le stazioni di servizio e così via), non esiterei a condividere l’opinione della Federfarma e a concludere nel senso che qualsiasi effetto restrittivo presumibilmente prodotto dalla normativa controversa dovrebbe essere considerato «troppo aleatorio ed indiretto» (55), «meramente ipotetic[o]» (56), ovvero «troppo insignificante e aleatori[o]» (57) e quindi inidoneo ad ostacolare l’accesso al mercato.

      Tuttavia, osservo che le parafarmacie – pur non essendo completamente paragonabili alle farmacie – presentano una serie di caratteristiche in comune con queste ultime. Per esempio: i) sono soggette a numerosi controlli specifici di carattere sanitario e farmaceutico effettuati dalle autorità italiane competenti; ii) devono possedere attrezzature e locali adeguati per garantire una conservazione e una distribuzione ottimali delle specialità medicinali; iii) acquistano i prodotti farmaceutici tramite gli stessi canali di distribuzione delle farmacie; e iv), devono assicurare la tracciabilità dei medicinali venduti utilizzando un codice specifico che è attribuito dal Ministero della Sanità. Inoltre, tanto nelle farmacie quanto nelle parafarmacie la vendita di medicinali deve sempre avvenire in presenza di un farmacista abilitato. Per di più, è chiaro che l’attività principale delle parafarmacie implica la vendita di prodotti che riguardano il benessere e, più in generale, le cure mediche.

      All’udienza, rispondendo ad un quesito diretto, la sig.ra Venturini e la Federfarma hanno fornito dati piuttosto divergenti circa il quantitativo ed il valore dei prodotti farmaceutici per la cui vendita le ricorrenti hanno chiesto un’autorizzazione. Tuttavia, mi sembra che nessuno di tali dati ci permetta di considerare che detta attività rivesta un’importanza trascurabile

      In tali circostanze non vedo perché si dovrebbe dubitare dell’analisi effettuata dal giudice del rinvio, secondo il quale la normativa controversa effettivamente produce effetti restrittivi che potrebbero ostacolare lo stabilimento in Italia di operatori interessati alla vendita dei medicinali in questione.

      Alla luce delle suddette considerazioni, sono incline a ritenere che la normativa controversa costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 TFUE. Ma in ogni caso tale aspetto non è rilevante al fine di rispondere al giudice nazionale, giacché, come mi accingo ad illustrare, la normativa in questione è giustificata da motivi imperativi di interesse generale.

Quindi secondo l'Avvocato generale pur in presenza di una discriminazione le sue conclusioni sono dettate da quegli interessi generali che abbiamo sopra esposto, ovvero la paura che la perdita di redditivitò faccia venir meno la copertura del servizio da parte delle farmacie. Ma quante parafarmacie sono ubicate nei piccoli centri? Poche. pochissime.

E' chiaro che bisognerà attendere le decisioni della Corte, ma numeorse sono le incongruenze tratte da queste conclusioni dell.Avvocato Generale.

LE CONLUSIONI

ConclusioniAvvocatogeneralecauseVenturiniGramegnaMuzzio.pdf

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