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20 giugno 2012

La relazione MNLF alla Fofi

Cambiare il sistema guardando avanti

All'insegna della massima trasparenza pubblichiamo la relazione con cui il Movimento Nazionale Liberi Farmacisti ha partecipato all'incontro promosso dalla FOFi quest' oggi.


Gli ultimi dieci anni per la categoria sono stati molto difficili. Lo sono stati sia nei rapporti con le Istituzioni sia tra le varie componenti interne.


L'ultimo anno, vogliamo credere, rappresenta l'apice di una divisione interna che tocca tutti gli aspetti della professione, ove, di fatto, manca un disegno prospettico e strategico, disegnato non per favorire una "fazione" piuttosto che l'altra, ma il futuro del farmacista come professionista a prescindere dell'ambito ove egli opera.
Quando si sceglie, o si da l'impressione di favorire una delle espressioni professionali rispetto a tutto il resto, inevitabilmente si attivano meccanismi di protezione e reazione.
Così è stato con il progetto Gasparri/Tomassini, così è stato con i vari tentativi "teleguidati" di ridimensionare l'attività degli esercizi di vicinato.
Sappiamo bene che il comitato centrale della FOFI ritiene che il decreto Bersani sia il responsabile principale di tutte le modifiche che si sono succedute in questi ultimi mesi, tuttavia la Fofi deve anch'essa modificare il proprio approccio al problema e riflettere maggiormente sul fatto che dietro a quegli esercizi operano,  dopo molteplici sacrifici, altri farmacisti che non hanno minore diritti.


La deriva cosiddetta "commerciale" non inizia con il Decreto Bersani, al contrario, la concorrenza che ha generato ha fatto recuperare a numerose farmacie quel ruolo di servizio che avevano perso da tempo. La deriva commerciale inizia molto prima, quando numerosi farmacisti hanno creduto che la farmacia non fosse altro che un distributore per conto del S.S.N. di "scatolette" e che questo bastasse per giustificare il proprio ruolo all'interno della società.
Così, evidentemente, non è stato.
E' necessario recuperare quel ruolo e riportare al centro di qualsiasi progetto la professione, scindendo tale intento dal desiderio di restaurare un sistema che evidentemente è la stessa società italiana ad aver condannato da tempo.


Per fare ciò risulta imprescindibile partire dal problema della rappresentanza.


L'autorità e l'autorevolezza di chi rappresenta posizioni  maggioritarie deve necessariamente passare al vaglio democratico della scelta degli iscritti, ma perché questo incontri il riconoscimento universale è necessario che il sistema elettivo sia strutturato in modo da porre tutte le componenti in grado di poter esprimere la propria posizione e questo non in maniera estemporanea, ma continuativa e strutturata. Il MNLF il prossimo 21 ottobre incontrerà le varie componenti dei farmacisti non titolari chiedendo a tutti di fornire il proprio contributo e proporre una rappresentanza autorevole per i farmacisti non titolari italiani. Questo è il nostro modo d sottoporre la propria azione al vaglio democratico.
E' chiaro che per una istituzione come la FOFI i meccanismi debbono essere diversi, ma essi non possono prescindere da un diverso sistema elettorale in cui gli eletti siano espressione direttamente proporzionale delle varie componenti  e il Comitato Centrale il risultato finale di tale espressione e non il frutto di accordi tra pochi, ma forti rappresentanze provinciali.
Quindi a questo tavolo il primo punto che viene posto è quello di modificare in maniera profonda le modalità elettive delle rappresentanze provinciali e nazionali della FOFI. Possiamo discuterne assieme, trovare la sintesi e fare sì che quest'organo sia realmente lo specchio della categoria,  di tutta la categoria.


Per quanto riguarda la minaccia proveniente dal Grande capitale, qualcuno ritiene che l'obiettivo sia la distruzione dell'Istituzione Farmacia. Noi non siamo tra questi, pensiamo al contrario, che in un sistema economico occidentale come quello in cui è inserita l'Italia, quando in un comparto si aprono degli spazi, altri cercano di occuparlo. Bisognerebbe piuttosto ragionare se sia stato intelligente e produttivo "dilaniarsi" per anni in questa guerra tutta interna alla categoria.


L' attuale Governo non vuole la distruzione della farmacia italiana, molto più semplicemente gli scenari sono cambiati, a cominciare dalle modifiche in atto a livello economico per finire a quelle politiche. Molto avremmo da dire sull'articolo 11 e come si è persa una formidabile occasione per riequilibrare il sistema e nemmeno a noi piacciono inutili modifiche sulla distanza tra gli esercizi, ma da questo a dire che il governo vuole distruggere il sistema distributivo del farmaco ce ne corre e molto.
Se invece di cercare in tutti i modi di bloccare qualsiasi cambiamento, ci fosse stata una visione più lungimirante e si fosse ascoltato di più il profondo disagio che viveva la parte più numerosa dei farmacisti italiani, non saremmo certamente qui a studiare come rimediare ai nostri stessi errori.
Se invece di lesinare aumenti contrattuali umilianti si fosse riconosciuto il prezioso contributo dato dai dipendenti e invece di chiacchierare a vuoto si fosse posto lo stesso impegno parlamentare per offrire nuove opportunità di lavoro ai farmacisti attraverso la creazione di nuovi spazi che incontrassero il valore di una laurea che ha molte risorse inespresse, le cose sarebbero potute andare diversamente.
Nelle varie professionalità (ASL, Min.Sal., AIFA, Regione, Commissioni varie, Ospedali, Farmacie Comunali, Farmacie Private, Esercizi di Vicinato, Aziende farmaceutiche, Aziende di dispositivi  ed altre di cui pochi sanno dell'esistenza), l'unica veramente penalizzata ed umiliata, sia economicamente che professionalmente, è quella del  collaboratore.
Stiamo perdendo  continuamente risorse da investire sulla vera professionalità, sul knowhow che ci contraddistingue dalla figura del commerciante: il laboratorio galenico, il controllo della somministrazione, del piano terapeutico, dell'appropriatezza a tutto tondo, della capacità strategica di definire metodi e modalità di condivisione e gestione della Sanità.  Il sistema fa acqua da tutte le parti, ma la cosa più grave è che tutto ciò accade davanti alla cecità totale ed al desiderio di potere a tutti i costi, si continua a giocare come i cacciatori di tesoro alla vista dello stesso nella grotta profonda che non si curano del crollo imminente.


Siamo aperti a discutere a 360° come difendere l'autonomia professionale ed imprenditoriale del farmacista italiano, ma per fare questo dobbiamo fare una operazione di estrema chiarezza su quale sistema vogliamo.
Non ci servono "scorciatoie" legislative come quella della trasformazione degli esercizi di vicinato in farmacie, le sanatorie sono un retaggio del passato e su questo tema la nostra fermezza sarà totale.


Alla categoria serve unità, ma l'unità non la si può ottenere quando non vi è equa distribuzione delle opportunità tra tutti gli iscritti, l'unità la si ottiene quando l'interesse da difendere è l'interesse di tutti, non solo di una parte.
E' chiaro che l'ultima legge di riforma del sistema di distribuzione al dettaglio dei farmaci non ha risolto questa oggettiva disparità esistente nella categoria, altrettanto evidente è che per ottenere quel "comune sentire"  bisogna cambiare sistema.
Non possiamo convivere con un sistema che da una parte propone grande elasticità di norme per chi è già presente nel mercato, vedi abolizione della pianta organica, e dall'altra mantiene ancorato il numero delle farmacie a quello degli abitanti. Non è un sistema coerente, è un sistema destinato ad una deriva strutturale inevitabile.


Bisogna cambiare il sistema non guardando indietro, ma voltando il capo all'orizzonte. Tale cambiamento non può prescindere dal libero esercizio della professione: farmacia non convenzionata o sistema tedesco poca importa, l'importante è dare a tutti eguali opportunità.
Per dare autorevolezza a questo cambiamento bisognerà, inoltre, modificare il rapporto con il S.S.N. e spostare l'attenzione dal valore economico del farmaco al valore economico della prestazione professionale.


Se saremo in grado di fare questo salto culturale, che ci rendiamo perfettamente conto non è per niente semplice, allora, ma solo allora potremmo parlare di unità e fare blocco unico contro i grossi gruppi di capitale e mantenere quell'autonomia economica, premessa imprescindibile per l'autonomia professionale.


In mancanza di tutto ciò, sarà difficile parlare di unità senza che automaticamente venga generato il dubbio di essere per l'ennesima volta all'interno di una colossale presa in giro per non modificare assolutamente nulla.
 

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