07 gennaio 2012
Ordini, imprese, faccendieri
Il Parlamento ostaggio delle lobby
La fotografia di un Parlamento ostaggio delle lobby che bloccano qualsiasi cambiamento ed impediscono le riforme a vantaggio dell'interesse generale. Una "pletora" di personaggi più o meno noti che condizionano in maniera attiva l'attività parlamentare. E questo senza alcuna regola, senza alcuna trasparenza. Poi gli ineterventi esterni. Questo ed altro in un articolo pubblicato su Repubblica a firma di Carmelo Lopapa e Roberto Mania. Giorganlismo con la G maiuscola. L'articolo lo potete leggere nel link più sopra, ma vale la pena riportare qui alcuni brani, non foss'altro per avere conferma di tutto quello che da sempre andiamo dicendo.
Una casta nella casta, l'una nascosta dentro l'altra. Come in una matrioska. Si fa presto a dire lobby. Sono partiti, pezzi interi di Parlamento, a farsi consorteria, a curare interessi, a schermare affari. Lobbisti sono gli stessi onorevoli. Anche se a invadere i corridoi di Montecitorio sono sempre più stormi di faccendieri.
Li chiamano "sottobraccisti". Pronti a prendere sotto braccio il parlamentare e spiegare, ammansirlo. Hanno trasformato l'anticamera delle commissioni più delicate - dalle Attività produttive al Bilancio - in un suk.
È accaduto poche settimane fa, quando il governo ha dovuto stralciare dal decreto "Salva Italia" le norme sulle liberalizzazioni. Si ripeterà tra pochi giorni.
E poi, sì, ci sono anche i condizionamenti d'Oltretevere, perché c'è stato - eccome - il pressing della Chiesa nella manovra che ha impedito che la pillola anticoncezionale (fascia C non rimborsabile dal servizio sanitario nazionale) finisse sugli scaffali della grande distribuzione. E a poco è valsa la garanzia del farmacista dietro il banco.
Ma perché abbiamo un Parlamento prigioniero delle corporazioni? C'è una lettera (protocollo 20080004354/A. G.) del 16 aprile del 2008 firmata dall'allora presidente della Federazione degli Ordini dei farmacisti, Giacomo Leopardi (alla guida dell'ordine per ben 23 anni) che spiega - involontariamente, sia chiaro - chi sono i lobbisti con indennità da parlamentare.
La lettera è scritta subito dopo le ultime elezioni ed è inviata a tutti i presidenti degli ordini dei farmacisti. "Si fa seguito e riferimento alla circolare federale n.7123 del 10 marzo u. s. per informare che, con riferimento alle elezioni politiche del 13 e 14 aprile u. s., sono risultati eletti al nuovo Parlamento i seguenti farmacisti. Dott. Rocco Crimi (Pdl), Camera, Dott. sa Chiara Moroni (Pdl, passata poi a Futuro e Libertà, ndr), dott. Valerio Carrara (Pdl), Senato, Dott. Fabrizio Di Stefano (Pdl), Senato. Si evidenzia inoltre che è stato eletto al Senato anche il Dott. Luigi D'Ambrosio Lettieri (Pdl), presidente dell'Ordine dei farmacisti della provincia di Bari e componente del Comitato centrale della federazione".
Ma non è finita: "La scrivente esprime ai farmacisti eletti vivissime congratulazioni e formula loro i migliori auguri di un buon lavoro da svolgere nel rispetto dei valori ordinistici e dei principi fondanti la nostra professione". Uno smaccato conflitto di interessi nella degenerazione del parlamentare-designato chiamato a rispondere al suo capo partito e a nessun elettore.
Così, dopo il partito della Coldiretti, che nella prima Repubblica eleggeva non meno di una trentina di deputati nelle liste della Dc, quello dei farmacisti che ha deciso di giocare la sua partita politica nel centrodestra della seconda Repubblica. Così, non c'è da stupirsi se D'Ambrosio Lettieri è anche il primo firmatario della lettera dei 73 parlamentari anti liberalizzazioni, suddivisi tra Pdl, Io Sud e Terzo Polo. E che firme tra quei parlamentari: da Maurizio Gasparri a Raffaele Fitto, da Maurizio Lupi a Francesco Nitto Palma, da Gaetano Quagliariello a Maria Roccella, da Paolo Romani a Massimo Corsaro. Tutti in prima linea.
Se ci fosse trasparenza sui flussi di finanziamento della politica sarebbero chiari i collegamenti tra lobby e parlamentari. Avviene negli Stati Uniti e in quasi tutti i paesi a democrazia matura. Da noi no, da noi si finge. Così che la relazione ai presidenti delle Camere del Collegio di controllo sulle spese elettorali della Corte dei Conti rileva che tutte le forze politiche abbiano ricevuto contributi da privati, ma non si sa sempre da chi e soprattutto per quali importi.
Opacità. Non fosse altro perché il finanziamento può restare anonimo fino alla non indifferente soglia dei 50 mila euro. I vantaggi per l'imprenditore che trasferisce denaro ai "cari leader" sono invece consistenti, dato che scatta un diritto alla detrazione del 19 per cento di quanto versato.