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20 settembre 2011

Cinque ordini contro il mercato

di Roberto Mania

Diceva Andy Warhol che prima o poi capita a tutti di aver un quarto d’ora di notorietà. Anche per Rossana Boldi da Tortona, senatrice della Lega, quel momento è arrivato. Emozionante. Mentre il mondo intero si dibatte intorno al rischio di un ferale double dip, mentre l’eurozona tracolla, mentre gli italiani vivono l’incubo diurno di una prospettiva greca e hanno capito di essere diventati più poveri, nell’austera Aula di Palazzo Madama è cominciato, qualche giorno fa, l’esame del disegno di legge numero 1142 di cui la Boldi è prima firmataria. Titolo: "Istituzione degli ordini e albi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnicosanitarie e della riabilitazione". Proprio così: cinque nuovi ordini professionali. Nell’imbarazzo generale e con la denuncia pubblica del senatore Francesco Rutelli si è deciso di rinviarne l’esame a tempi, appunto, migliori.
Eppure la senatrice non demorde. Ha spiegato a Radio 24 che c’è stato solo un intoppo tecnico e che, comunque, a lei, in campo sanitario, «non piace parlare di mercato». Giammai. Ma in fondo la senatrice ha anche detto la verità. Il mercato e i mercatisti disprezzati da Giulio Tremonti in versione di oracolo alla Lega Nord e agli alleati del Pdl non sono mai piaciuti. Loro sono conservatori, non liberali. Loro amano i monopoli, i duopoli, non la libera concorrenza. La storia imprenditoriale di Berlusconi, con i suoi successi ma anche con gli infortuni fuori dai confini nazionali, è lì proprio a dimostrarlo. E Tremonti era un tributarista prima di darsi alla politica.
In questa lunga legislatura non hanno liberalizzato nulla, se non e spesso con tanta ipocrisia il mercato del lavoro, aumentando la precarietà delle giovani generazioni e non certo il tasso di occupazione. Per il resto tabula rasa. Ma d’altra parte le premesse erano già chiare nell’ultima parte della campagna elettorale. Altro che rivoluzione liberale. Berlusconi racimolò un bel po’ di voti tra gli indecisi annunciando che mai e poi mai avrebbe permesso che l’Alitalia, la fallita compagnia di bandiera, cadesse in mani francesi. Per impedirlo (solo temporaneamente, si vedrà) ha alzato le barriere normative, sospeso le competenze dell’Antitrust, ridotto gli spazi di libertà economica. La RomaMilano continua ad essere una delle tratte più care che esistano probabilmente sull’intero globo. Tanto pagano i contribuenti, anche quelli che hanno votato Pdl. Tremonti avrebbe fatto la stessa cosa per evitare che la Parmalat la acquistassero i francesi di Lactalis. Ma si è distratto ed è arrivato troppo tardi. Ha rilanciato annunciando la modifica dell’articolo 41 della Costituzione. Chiacchiere. Non ci è cascato nessuno.
Dunque l’idea di proporre la creazione di altri cinque ordini professionali con annesse tutte le commissioni e sottocommissioni autoreferenziali di controllo e le relative ramificazioni burocratiche, è del tutto in linea con la cultura economica dei nostri forzaleghisti. Borbottano contro l’invadenza dello Stato, contro i lacci e lacciuoli, ma poi lo Stato lo hanno occupato. Nelle municipalizzate, nella grandi aziende pubbliche, negli organismi di controllo, nelle fondazioni bancarie. Alla fine, meno mercato per tutti. Un modello neodemocristiano più che thatcheriano. Ma almeno Fanfani pensava anche agli elettori, non solo agli eletti della Casta.
Forse i cinque nuovi ordini professionali resteranno sulla carta, ma per gli altri (ce ne sono quasi una ventina con gli iscritti totali che sfiorano i due milioni) non c’è lontanamente il rischio di essere riformati. Quando il ministro Tremonti in un sussulto di liberismo ha provato, con la manovra di luglio, a inserire per decreto una riforma degli ordini, un drappello di avvocatiparlamentari del Pdl (quelli che difendono anche le ottocentesche tariffe minime) ha minacciato che non avrebbe votato la fiducia. Così è arrivato il dietrofront del ministro. E proprio come un Clemente Mastella da Ceppaloni, il giovane rampante neosegretario del Pdl, Angelino Alfano, quando era ancora ministro della Giustizia, ha affidato agli stessi ordini il compito di scriversi da soli la loro riforma. Aspettiamo ancora il risultato finale. Sapendo — perché l’ha detto la Banca d’Italia — che se si liberalizzasse il mercato dei servizi (professioni comprese) il Pil crescerebbe nell’arco di pochi anni di undici punti. Ma alla Boldi il mercato non piace. Preferisce istituire «in ogni provincia» i nuovi cinque ordini professionali. Ma le province non le stanno abolendo? Chiacchiere antimercatiste, suvvia.


Da Affari e Finanza di Repubblica del 19 settembre 2011

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