30 settembre 2014
Il fai da te dei farmaci
I dati dell'indagine condotta dalla Demoskopea per conto del portale Dottori.it secondo cui un italiano su quattro (23,4%) dichiara di fare abitualmente uso di farmaci che richiederebbero l'obbligo di prescrizione senza prima consultare il medico sono dati allarmanti che le Istituzioni farebbero bene a non sottovalutare.
Se a questi dati poi aggiungiamo che ben 1 un giovane su dieci di età compresa tra 25 ed i 34 anni, assume senza alcuna prescrizione medica ansiolitici e antidepressivi abbiamo la conferma che non è più il tempo di nascondere la testa sotto la sabbia, ma affrontare con determinazione il problema.
Il Movimento Nazionale Liberi Farmacisti e la Confederazione Unitaria delle Libere Parafarmacie Italiane ci hanno provato con la campagna di moralizzazione delle professione di farmacista. Ci abbiamo provato per quanto ci compete, ovvero cercando di sensibilizzare i farmacisti italiani circa una tematica da troppo tempo riposta nel cassetto.
I nostri metodi non sono piaciuti? Poco importa, a noi interessa l'obiettivo e siccome sono anni che facciamo denuncie pubbliche inascoltate era importante che l'azione promossa risultasse credibile e nelle prossime settimane si potrà avere piena completezza dei risultati.
Purtroppo una parte della categoria (Federfarma) ha risposto nella maniera sbagliata con sufficienza e supponenza cercando di spostare il dibattito su temi che nulla hanno a che fare con le questioni sollevate. Non ce ne meravigliamo.
Malgrado ciò, i numerosi attestati di stima pervenuti ci dicono che l'argomento della consegna di farmaci senza la dovuta ricetta medica è ben presente nella coscienza etica dei nostri colleghi e rappresenta lo "spartiacque" tra una professione vissuta con la P maiuscola e, al contrario, sofferta e demotivata.
L'essere costretti ad avere comportamenti contrari alla legge è vissuto dalla maggioranza dei dipendenti di farmacia come qualcosa d'insopportabile e approfondisce quella frattura interna alla categoria già ampia.
Il danno è enorme, non solo in termini economici a sfavore di chi si comporta secondo legge e di chi quei farmaci non può nemmeno riceverli (leggi parafarmacie), ma perché concorre a far credere al cittadino che quello di dare farmaci senza ricetta sia "routine", comportamento usuale, attenzione del farmacista alle esigenze del cliente. Chi non si adegua non solo ne riceve un danno, ma viene additato come "pignolo", "antipatico", fanatico della burocrazia. Il danno è per l'intera categoria dei farmacisti, nessuno escluso.
In questo processo "diseducativo" non sono esenti i medici di base che concorrono ad aumentare la confusione con diagnosi e prescrizioni telefoniche, indicazioni sbagliate sull'obbligo di ricetta e ripetibilità automatica di certe prescrizioni, tutt'altro che ripetibili (leggi benzodiazepine)
La salute dei cittadini quando si consegna un farmaco senza la dovuta ricetta è posta in secondo piano, al primo posto c'è il fatturato e poco altro.
Pur cercando di elevare la coscienza etica dei colleghi siamo consapevoli che da questa situazione se ne può uscire in un solo modo: innalzando il livello delle penalità a carico di chi si fa protagonista o promuove atti contrari alle legge ed aumentando in maniera esponenziale i controlli. E' per questo che troviamo interessante l'esempio britannico della radiazione dall'albo.
Contemporaneamente andrebbe operata una vasta "bonifica" sulla lista dei farmaci che realmente hanno bisogno della ricetta medica, troppo le contraddizioni che malgrado le numerose competenze dell'AIFA rimangono in piedi.
Medici e farmacisti rappresentanti in Parlamento ne hanno, chissà se sono sensibili a questi temi e vogliono proporre qualche modifica legislativa. Nel frattempo stiamo ancora aspettando i dati del Ministero della Salute, noi siamo pazienti.