04 febbraio 2011
MNLF Friuli Venezia Giulia invia una lettera ai colleghi
I colleghi del MNLF Friuli Venezia Giulia e la lista Professione e Libertà hanno inviato a tutti i farmacisti non titolari della propria regione una lettera per fare chiarezza sulla "nebbia" alzata ad arte nelle ultime settimane per disinformare i colleghi. La riportiamo perchè crediamo sia utile a tutti i colleghi ovunque essi operano.
Caro Collega / Cara Collega,
alcuni giorni or sono l'Associazione Farmacisti Non Titolari di Udine ha diramato un comunicato in merito ad un “gravissimo” rischio per i farmacisti italiani: l'inserimento nel decreto "milleproroghe" dell'emendamento n.11.0.1, presentato dai senatori Filippo Piccone e Paolo Tancredi, per una sanatoria che trasformerebbe gli esercizi farmaceutici di vicinato (parafarmacie) in farmacie convenzionate col servizio sanitario nazionale.
Riteniamo a tal proposito doveroso fare chiarezza, a beneficio non solo di tutti i colleghi farmacisti non titolari, ma anche della suddetta associazione e del suo presidente, non tanto per la posizione che l'Afnt-UD assume nei confronti dell'emendamento, quanto per le omissioni ed il corollario di affermazioni contenute nel comunicato.
Il testo non è altro che quello già presentato dagli stessi senatori nella discussione in Commissione Bilancio del Senato, riguardante la manovra finanziaria avvenuta lo scorso giugno (!!!) e che ha già visto il concretizzarsi dell'impossibilità che tale emendamento potesse essere accettato, proprio in virtù della ferma opposizione dello stesso Popolo delle Libertà (lo stesso partito politico al quale sono iscritti i due senatori).
Vogliamo rendere noto che il Movimento Nazionale Liberi Farmacisti, e gli iscritti in Friuli Venezia Giulia che nelle ultime elezioni dell'Ordine hanno dato vita alla lista “Professione e libertà”, sono da sempre contrari a qualsiasi sanatoria, indipendentemente da chi ne possa godere. Lo siamo stati in passato quando sono servite per privilegiare i gestori provvisori di sedi farmaceutiche e lo siamo oggi nei confronti di chi chiede di entrare nella ristretta cerchia della “casta”. Questa posizione non è frutto di calcoli politici ma più semplicemente dettata da una parola in disuso in Italia: la coerenza. Equità e meritocrazia non sono per noi parole da sventolare quando ci fa più comodo, ma sono le coordinate della nostra azione.
Ad essere sinceri non vi è nulla di nuovo nella proposta dei due parlamentari che ricalca altre iniziative, le quali altro non sono che un tipico esempio dell' "agitarsi dei politici" solo quando c'è aria di elezioni con l'obiettivo di sfruttare tali argomenti per un po’ di notorietà ed acquisire favore: pratica, questa, oramai consolidata nelle dinamiche della politica.
E' triste osservare, invece, che tale notizia sarebbe caduta da sé nel dimenticatoio se non fosse stata "abilmente" ripescata e strumentalizzata da alcuni colleghi, con l'unico intento di fomentare astio e malumori all'interno della stessa categoria. Se da un lato è comprensibile, anche se non accettabile, il "muro" eretto nei confronti delle parafarmacie da parte di Federfarma le cui motivazioni reali sono puramente di natura commerciale, dall'altro non si comprende quali siano i ragionamenti che portino i rappresentanti dei farmacisti non titolari a prendere tali posizioni atte a favorire esclusivamente gli interessi dei titolari di farmacia, non curando quelli di tutta la categoria professionale, compresi i colleghi che in farmacia non lavorano. Pur comprendendo l'ansia, da parte di alcuni esponenti di suddette associazioni, di diventare titolare di farmacia, ci chiediamo perché gli stessi soggetti non facciano sapere ai propri iscritti che in base al testo del DDL 863 Tomassini/Gasparri, sul riordino del sistema farmacia, presentato in Senato e tanto caro anche a Federfarma, questa eventualità non potrà che riguardare un'esigua minoranza, ovvero non più 3-400 farmacisti in tutta Italia, anche per la presenza delle farmacie soprannumerarie. E gli altri 44600 esclusi? Dovranno attendere che la popolazione aumenti di qualche milione di abitanti, ed in tempi brevissimi, per aspirare ad una sede farmaceutica?
Ancora una volta, caro collega, ci sembra che si voglia consumare il futuro degli attuali farmacisti e delle nuove generazioni solo per garantire il privilegio personale di pochi.
Non è forse venuto il momento di pensare veramente a coloro che rappresentano la spina dorsale della farmacia, cioè i farmacisti collaboratori? Non è forse ora di formulare proposte che rispettino un professionista della salute, quale è il farmacista, garantendogli nuovi spazi e nuove forme di espressione anche al di fuori della farmacia e valorizzare il suo ruolo e la sua professionalità oltre che il trattamento economico, ben prima di inserire all'interno della stessa farmacia nuove figure professionali che poco o nulla hanno a che vedere col nostro lavoro? Ed invece assistiamo a concorsi, come accade nella provincia di Udine, con sedi “fantasma”, poste in località improponibili e con bassissima densità di popolazione, al punto che per almeno 10 di esse, per voce dell'attuale presidente dell'Ordine di Udine, Michele Favero, "attendiamo i tempi tecnici per avviare le procedure con cui trasformare queste farmacie in dispensari“ (che naturalmente, secondo la legge italiana, saranno affidati e gestiti dal titolare della farmacia privata o pubblica più vicina) “perchè è difficile che qualcuno possa accettare l'assegnazione" (PuntoEffe estate 2010).
Non è forse ora che le associazioni dei non titolari mettano in discussione questa strana abitudine tutta italiana di consentire che una convenzione rilasciata dallo Stato Italiano possa essere venduta o altresì ereditata da padre in figlio, impedendo a migliaia e migliaia di colleghi di aspirarvi ?
E' ingiusto e non corretto riversare le proprie frustrazioni e la responsabilità delle proprie mancanze sulle spalle di colleghi che nulla hanno a che fare con le logiche di potere e che invece rappresentano solamente farmacisti che hanno saputo mettersi in gioco, accollandosi rischi, oneri ed onori, per cercare l'autonomia che in nessun altro modo avrebbero potuto ottenere all'interno di questo ingessato sistema.
L'affermare che le sedi farmaceutiche dovrebbero essere riservate a chi possiede "competenze specifiche in anni di studio e lavoro in farmacia“ dimostra come la AFNT-Ud, forse, non sia al corrente che, secondo la legge italiana, per accedere alla titolarità è sufficiente avere effettuato anche solo due anni di pratica professionale e scucire un bel po’ di soldi...!
A tutte le associazioni di non titolari che sono nate con lo scopo di amplificare i comunicati già diramati in precedenza da Fofi e/o Federfarma e a tutti i colleghi ignari, suggeriamo di riflettere su alcuni punti:
l'aumento del numero delle farmacie ogni anno è un’illusione, i concorsi sono bloccati da decenni causa i ricorsi degli stessi titolari;
l' 85% degli esercizi farmaceutici (parafarmacie) sono di proprietà di un farmacista e non della GDO (grande distribuzione organizzata);
se le farmacie non operassero con finalità di profitto dovrebbero rinunciare a quella fetta di fatturato proveniente da tutto quello che viene venduto in farmacia di "non farmaceutico";
i titolari di esercizio farmaceutico (parafarmacie) non vendono farmaci con una "semplice comunicazione al Ministero" ma dopo aver sostenuto esami di laurea ed un esame di Stato identici a quelli dei titolari di farmacia; questi ultimi invece spesso esercitano lo loro privilegiata professione avendo "semplicemente ereditato il titolo" senza alcuna comunicazione al Ministero, Aifa, Asl, Nas, Ufficio Dipartimento Prevenzione e Salute della Regione, Comune, Ordine di appartenenza come è d’obbligo prima dell’apertura di detti esercizi farmaceutici;
tutte le passate e recenti puntate di "farmaconnection" e le centinaia di notizie riguardanti truffe al SSN dimostrano che la professionalità non dipende dal numero e dalla posizione delle farmacie ma da chi vi opera.
E' puro e semplice populismo accusare le parafarmacie di avere aperto nelle zone commerciali più redditizie quando questo accade anche per le farmacie, che abbandonano centri storici piccoli per spostarsi in centri commerciali. Le parafarmacie, piuttosto, in moltissimi casi hanno coperto disservizi delle farmacie e per questo hanno il gradimento della maggioranza degli italiani. I farmacisti che hanno scommesso sulle proprie capacità, senza alcun privilegio, aprendo gli esercizi farmaceutici (parafarmacie) dopo il decreto Bersani non hanno bisogno di sanatorie, questi professionisti vogliono molto di più per loro e per tutti i colleghi: esercitare liberamente la propria professione.
Ogni altra strumentalizzazione, di quello che è e sarà della nostra professione, la lasciamo volentieri agli altri protagonisti della scena che, in totale assenza di un sano spirito costruttivo e d’unione, non trovano il coraggio e la forza per agire con coerenza e nel rispetto del loro mandato.