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02 gennaio 2011

Il contatore del debito pubblico italiano

L'Istuto Bruno Leoni ha messo a punto un "orologio" del debito pubblico italiano. Un apposito contatore qui visibile renderà conto con quale velocità aumenta.

 

L’orologio aggiorna ogni 3 secondi la stima dell'IBL dello stock di debito, che si basa su – e viene continuamente corretta con – i rapporti mensili della Banca d’Italia. In questo modo si vuole aiutare i cittadini a capire cosa si intende, quando si dice che siamo gravati di un debito pari a circa il 120 per cento del prodotto interno lordo. Per rendere il concetto ancora più chiaro, basta considerare che questo debito a 13 cifre (valore riferito al 31 luglio 2010) equivale a circa 30.724 euro per ogni italiano, inclusi neonati e ultracentenari, ovvero 80.327 euro per ogni occupato. Tra gennaio e luglio 2010 il debito pubblico è aumentato di 50.100.143.820 euro, più di 7 miliardi al mese, 236 milioni al giorno, quasi 10 milioni di euro all’ora, 164.112 euro al minuto. Ogni secondo, questo debito immenso è cresciuto di 2.735 euro, più di quanto guadagni una famiglia media in un mese.

Un debito pubblico che è destinato inevitabilmente ad aumentare se non verranno inserite robuste dosi di concorrenza nelle dinamiche sociali di questo Paese.

L'esigenza di tenere sotto controllo l'espansione del debito pubblico ha due principali motivazioni:

La prima è di carattere finanziario e attiene alla difficoltà di finanziare il debito pubblico quando questo cresce troppo velocemente. Se cala la fiducia dei sottoscrittori dei titoli sulla capacità del debitore di pagare gli interessi e di restituire il capitale, il finanziamento del debito può avvenire solo corrispondendo interessi più elevati. Analogo aumento degli interessi avviene quando cresce la tassazione del risparmio, che diminuisce l'interesse netto che rimane al risparmiatore. L'imposizione fiscale aggiunge poi un effetto-spiazzamento.
Se la spesa per interessi aggrava il deficit pubblico, facendo ulteriormente aumentare il debito, può innescarsi un circolo vizioso in cui all'aumento vorticoso del debito corrisponde un aumento della spesa per interessi, del deficit e quindi del debito pubblico.

Il taglio della spesa corrente per finanziare il debito ha effetti negativi sul gettito fiscale, poiché la spesa pubblica è uno strumento per riuscire a stimolare la crescita economica.

La seconda motivazione riguarda il cosiddetto "effetto spiazzamento". Se una parte dei risparmi privati finisce col finanziare il debito pubblico, si sottraggono risorse agli investimenti privati, con conseguenze negative sulla crescita dell'economia. È l'effetto spiazzamento. È pur vero che queste somme sono distribuite ai detentori dei titoli, che sono imprese, privati e banche che possono tornare a prestare questo denaro per finanziare lo sviluppo.

 

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