10 febbraio 2015
Lettera aperta di una farmacista non titolare alla ministra della sanità
Sono una farmacista di 33 anni , una farmacista dipendente e non titolare di farmacia e, per questo, figlia di un Dio minore.
Purtroppo, come farmacista dipendente,trovo sempre meno motivazioni e sempre più difficoltà a riconoscermi in questo contesto politico ed economico, sempre apertamente schierato con la lobby dei farmacisti, proprietari di farmacia.
Ancora una volta il ministro della sanità blocca un percorso di riforma del sistema di distribuzione del farmaco. Mi stupisco che il Ministro Lorenzin che appartiene ad un partito che si rifà alla grande tradizione dei partiti popolari europei appoggi in modo, così palese, la lobby dei farmacisti senza spendere una parola per i farmacisti dipendenti disoccupati, sottoccupati, senza prospettive.
Caro Ministro fa bene a preoccuparsi della sostenibilità del sistema di distribuzione del farmaco e del destino dei "farmacisti titolari di farmacia" ma dovrebbe volgere lo sguardo anche alla situazione lavorativa ed economica dei farmacisti dipendenti, gli unici ,in Europa, ad avere il contratto del commercio.
Il contratto, ribadisco, è quello del commercio e guadagno lorde € 10,66 l'ora. A questo importo vanno sottratte le ritenute previdenziali e fiscali, pertanto, la mia retribuzione oraria netta è di circa € 7,20, con tutto il rispetto meno di una colf, nonostante una laurea quinquennale, fra le più complesse, un master ed i corsi obbligatori ECM.
Quando si entra a lavorare in una farmacia si ha la consapevolezza che come entri uscirai, nessuna possibilità di carriera , solo il passaggio da € 1.200 a 1.500 al mese dopo venti anni di lavoro.
La dott. Racca afferma che la Germania ha una farmacia ogni 3.500 abitanti ma si dimentica di dire che l'apertura delle farmacie è libera, non esiste il numero programmato, perché non c'è l'aspirazione ad aprire una farmacia propria, in quanto, i farmacisti hanno il contratto della sanità e sono pagati quasi come i medici.
Io abito in Umbria ed in Umbria, come in tutta Italia, non ci sono solo "farmacisti titolari di piccole farmacie" che si sentono minacciati da ogni timido cambiamento, ma ci sono poche famiglie che tramite fratelli, sorelle, figli e nepoti hanno in mano tutto il mercato e fanno cartello.
La farmacia del mio paese, che ha 3.900 abitanti d'inverno, ma che decuplica le presenze in estate, è in mano alla stressa famiglia da 60 anni, ci lavorano figli, generi e presto anche i nepoti ed opererà in regime di monopolio per almeno altri duecento anni perché dovranno passare molti decenni prima che la popolazione possa arrivare a 5.000 abitanti e permettere, con i resti, di aprire un'altra farmacia. E questo con buona pace degli sconti e del risparmio per i cittadini.
La farmacia ha sicuramente delle spese di gestione importanti, spesa per i farmaci che in alcune regioni vengono rimborsate anche dopo sei mesi, ma se il sistema è così in crisi, come lamenta Federfarma, perché oltre il 40% dei titolari spinge i propri figli ad intraprendere il corso di laurea in farmacia e le farmacie vengono vendute ad una volta, una volta e mezzo ed anche due volte il fatturato?.
Ed allora vorrei concludere con due osservazioni su cui ritengo importante aprire una discussione, soprattutto, se, come prevedibile, non ci sarà nessuna modifica al sistema di distribuzione del farmaco:
1)Se consideriamo la farmacia un esercizio commerciale, in quanto vende una vasta gamma di prodotti che la portano a fare concorrenza ad altre attività commerciali, allora questo è compatibile con l'ereditarietà dell'impresa, è giusto che si applichi il contratto del commercio ai farmacisti dipendenti ma è altrettanto giusto che operi nel mercato in un regime di concorrenza senza tutele, quindi non ha senso il numero chiuso.
2)Se consideriamo la farmacia, come vuole e pretende il Ministro Lorenzin e la presidente di Federfarma Anna Rosa Racca e come è giusto che sia, presidio sanitario con precise funzioni di tutela della salute dei cittadini e quindi settore importante che lo Stato deve tutelare mantenendo il numero chiuso e programmato delle farmacie, allora si deve rimettere in discussione il principio dell'ereditarietà, ed ai farmacisti deve essere applicato il contratto del comparto sanità, come avviene in tutti i paesi europei.
A questi quesiti un Ministro ha l'obbligo di rispondere, perché un esponente di governo deve rappresentare la sintesi più alta delle diverse istanze. E' molto triste, e soprattutto politicamente non paga, quando gli elettori hanno la percezioni che chi ci governa ha più a cuore i poteri forti ed i potentati economici che l'affermazione della giustizia sociale.