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07 dicembre 2011

Vogliono abbattere il terzo pilastro della manovra: la crescita

Titolari in azione

 La liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C, con ricetta medica, nelle parafarmacie (art. 32), modificato più volte rispetto alla bozza originaria, ha subito modifiche che ne limitano la portata e i benefici per una parte importante del Paese. Interventi voluti, forse meglio dire imposti, da alcuni esponenti del Pdl, rappresentanti in parlamento della casta dei titolari di farmacia, con l’aiuto di alcuni ex Ministri del Governo Berlusconi, che hanno “ubbidito” alle richieste dell’Associazione dei titolari di farmacia.

Non solo si sono posti limiti alla concorrenza nella vendita dei farmaci a pagamento, ma anche l’aumento del numero di farmacie sul territorio, annunciato nei giorni scorsi, è stato semplicemente cancellato nella versione finale.

Con un colpo di mano “arrogante” viene introdotta nella manovra l’impossibilità per quasi metà delle parafarmacie italiane situate in comuni al di sotto dei 15.000 abitanti di vendere i farmaci con obbligo di ricetta e quindi praticare ai consumatori gli sconti previsti dalla norma.

Gli allarmi lanciati in questi giorni dalla casta che difende il proprio monopolio nella distribuzione del farmaco, sono completamente “falsi” e privi di qualsiasi fondamento.

Il “mercato” che si apre alla parafarmacia rappresenta il 9% di tutta la spesa farmaceutica italiana, il che tradotto in termini di perdite reali medie per ciascuna farmacia, sulla base delle quote di mercato attuali, è di appena 380 euro/mese. Per questo affermiamo con dati e non con dichiarazioni pretestuose come sta facendo Federfarma, che nessuna farmacia chiuderà e nessun dipendente perderà il posto di lavoro. Il riferimento fatto da Federfarma circa la possibilità che 18.000 dipendenti laureati possano perdere lavoro a seguito della manovra è frutto della logica “del terrore” da sempre utilizzata per ricattare Istituzioni e forze politiche. Un ricatto vero e proprio che va rigettato al mittente.

Conferma del fatto che nessuna farmacia dei piccoli centri chiuderà perché protetta dall’assenza di concorrenza (maggiore rapporto abitanti/farmacia) sono i prezzi di vendita delle stesse, alcuni esempi: provincia di Benevento, rurale, unica sede richiesta 2.154.000 euro – Bologna provincia, rurale, unica sede, richiesta 4.200.000 euro – Fermo provincia, rurale, unica sede, richiesta 3.162.500 euro. Si tratta di farmacie con meno di 3000 abitanti!

Come se non bastasse, le modifiche introdotte hanno un sicuro profilo d’incostituzionalità perché tutti i cittadini che risiedono nei comuni al di sotto dei 15.000 abitanti (25 milioni) non potranno godere degli effetti della concorrenza e quindi saranno trattati diversamente da quelli che risiedono in comuni più grandi (violazione dell’ art. 3 della Costituzione).

Il Ministro allo Sviluppo Economico, quello alla salute e tutto il Governo Monti dopo aver ascoltato le “lacrime di coccodrillo” dei farmacisti titolari potranno avere i dati reali incontrando i rappresentanti delle parafarmacie e dei farmacisti non titolari italiani. Diversamente, la crescita economica contenuta nella manovra perderà la propria credibilità e con essa l’intero Governo. Ciò che rimarrà saranno solo “lacrime e sangue”.

MNLF - ANPI - FEF - FORUM
 

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