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11 febbraio 2006

Il programma dell’Unione: farmaci e farmacisti

In vista delle elezioni politiche del prossimo 9 aprile il MNLF ha deciso di pubblicare i programmi degli schieramenti e dei partiti inerenti il settore farmaceutico. In questa sede quello reso noto sabato 11 febbraio dall' UNIONE

Le politiche per la concorrenza: dalla parte del cittadino consumatore, risparmiatore e utente

Il centrodestra italiano ha commesso negli ultimi anni l’errore di vedere nel rallentamento del progetto europeo l’allentamento di un vincolo dal quale poterne trarre beneficio. È stato un errore di non aver fatto dell’obiettivo della concorrenza l’occasione per riorganizzare la struttura produttiva dell’economia
italiana a fronte delle nuove sfide. L’esperienza passata ha privilegiato l’aspetto della privatizzazione su quello della de-monopolizzazione. In particolare:

- i grandi servizi pubblici a rete, nati dai monopoli pubblici sono stati privatizzati prima di una radicale liberalizzazione; insieme ai servizi pubblici locali, mantengono ancora tariffe troppo alte;
- i servizi professionali sono protetti da norme che senza giustificazioni restringono l’accesso alla professione, limitano la concorrenza e riversano sui loro utenti costi elevati;
- la distribuzione commerciale è ancora caratterizzata da un basso tasso di concorrenzialità e da elevati prezzi finali, a loro volta derivanti da inefficienze disfunzioni delle filiere produttive e distributive;
- i servizi bancari, assicurativi e anche pubblicitari sono offerti in situazione di minor concorrenza che all’estero.
 
Liberalizzare ha senso se significa contrastare la rendita e aumentare l'efficienza del sistema economico. A tal fine, uno sforzo si impone da parte delle imprese e dello Stato ad intervenire nei settori nei quali si annidano rendite improprie e inefficienze.
Questo sforzo deve accompagnarsi a un rafforzamento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust), il cui ruolo nevralgico è quello di applicare il diritto della concorrenza. In generale, proponiamo di:
- valorizzare il potere consultivo e di indirizzo dell'Antitrust nei confronti del Parlamento e del governo, riservando finalmente adeguata considerazione ai suoi suggerimenti (sono state presentate in Parlamento 200 segnalazioni su tariffe, difesa di monopoli legali o limitazioni all’accesso al mercato: di queste l’80% sono rimaste inascoltate);
- potenziare il sistema delle sanzioni, oggi seriamente inadeguate rispetto agli sviluppi del diritto europeo, ad esempio rafforzando la capacità dissuasiva della sanzione e introducendo programmi di clemenza per le imprese che contribuiscono alla individuazione dei cartelli;
- accrescere la sensibilità del legislatore rispetto ai danni causati da leggi e regolamenti che ostacolano la concorrenza, attraverso una specifica valutazione sotto questo profilo dei provvedimenti all'esame parlamentare, anche facendo ricorso al parere dell'Antitrust;
- rafforzare il potere di indagine e di proposta dell’Antitrust, al fine di individuare strutture di mercato e normative più concorrenziali nei diversi settori economici.
 
Per noi liberalizzare significa contrastare rendite monopolistiche e corporative, migliorare qualità e prezzo per il consumatore, garantire fondamentali clausole sociali per gli operatori, promuovere investimenti e crescita industriale.
Ciò vale anche per i servizi pubblici locali. In questo caso liberalizzare deve significare altresì garantire comunque le caratteristiche universalistiche dei servizi. Nei servizi a rete (energia, trasporti) la proprietà delle reti deve rimanere pubblica.
Nel settore cruciale dell’acqua dovranno essere assunti criteri di massima sensibilità, di precauzione, di forte investimento programmatico. In questo caso la distinzione fra rete e servizio è più complessa. Entrambe le funzioni dovranno dunque rimanere pubbliche.
Crediamo inoltre nell’assoluta necessità di effettuare robusti investimenti nel potenziamento e ammodernamento delle reti idriche, soprattutto nel mezzogiorno dove i cittadini e gli utenti finali hanno ancora gravi e diffuse difficoltà di accesso all’acqua.
Politiche di liberalizzazione e trasparenza crediamo vadano attuate secondo gli stessi principi anche nei settori della distribuzione dei farmaci e dei taxi.
 
L'altro settore che necessita di specifiche politiche di liberalizzazione a tutela degli effettivi interessi dei cittadini, è il settore dei servizi professionali. Questo settore è stato fin ad oggi estesamente sottratto alle dinamiche concorrenziali, con il fine dichiarato di tutelare il cittadino, in nome della natura delicata
delle prestazioni offerte (salute, giustizia, ecc) e della necessità di offrire adeguate garanzie di professionalità del servizio. Pur riconoscendo come fondate queste peculiari esigenze di garanzia nella prestazione di alcuni servizi professionali, riteniamo tuttavia che in alcuni settori si debba intervenire per meglio rispondere alle esigenze e agli interessi dei cittadini e degli utenti. Infatti:
- in Italia esistono oggi oltre venti ordini e collegi professionali, non tutti rispondenti - come spesso segnalato dall'Antitrust - alle specifiche esigenze di tutela proprie delle prestazioni riguardanti diritti civili costituzionalmente protetti;
- l’Italia secondo la Commissione UE è il paese con il maggior tasso di protezione (superiore anche a Germania, Francia e Spagna) delle tradizionali categorie professionali di notaio, avvocato, contabile, farmacista, architetto, ingegnere;
- nei paesi più liberali (Inghilterra, Danimarca e Olanda) non vi sono segnali di malfunzionamento dei mercati, ma la maggior libertà nelle professioni consente maggior ricchezza complessiva (Commissione UE);

- in Italia i servizi professionali hanno una incidenza sul valore della produzione dei settori esportatori di circa il 6% e l’Antitrust ha rilevato che tanto più i settori esportatori dipendono dai servizi professionali tanto peggiore è la loro performance.
Le politiche per la concorrenza nell'ambito dei servizi professionali devono secondo noi riguardare i principali aspetti oggi soggetti a regolamentazioni restrittive. In particolare:
- le condizioni di accesso all’attività: numero degli ammessi, requisiti, attività loro riservate;
- la condizione di svolgimento dell’attività: prezzi, pubblicità e modelli aziendali.
A questo proposito bisogna valutare se le restrizioni rispondano alle esigenze dei fruitori dei servizi professionali o se non si dimostrino una mera difesa delle posizioni di rendita.
Pur riconoscendo la necessità di mantenere una regolazione ordinistica per le professioni che rispondono a questi requisiti, sulla base del cosiddetto sistema duale riteniamo sarebbero necessarie le seguenti misure di liberalizzazione:
- consentire che le attività meno complesse siano svolte liberamente anche da non iscritti agli ordini professionali, come in molti paesi europei;
- a tal fine riconoscere le nuove professioni e le loro associazioni;
- consentire che nel caso di prestazioni complesse risulti ammesso ad operare un numero di professionisti adeguato alle esigenze della domanda e non predeterminato autoritativamente (esistono molti più farmacisti abilitati che non farmacie con la licenza commerciale);
- abolire le tariffe minime, tranne casi limitati alle attività riservate e il divieto di pubblicità e di informazione al pubblico;
- consentire la fornitura di servizi multidisciplinari e interprofessionali da parte di professionisti associati o di società di professionisti;
- affidare agli ordini professionali le funzioni di formazione dei loro associati e la fissazione di standard di qualità dei servizi (una sorta di rating);
- riqualificare gli aspetti formativi del praticantato, prevedendo altresì un equo compenso;
- confermare il rispetto dell'autonomia finanziaria e gestionale delle Casse di Previdenza privatizzate.

In generale, crediamo che una maggiore concorrenza nel settore possa ampliare il mercato di questi servizi e meglio incontrare sia le esigenze dei consumatori, sia l’accesso alle professioni da parte dei giovani laureati.

(…)

Diritto alla salute e nuovo welfare locale. Le priorità di una politica riformatrice

(…)

E’ ampiamente dimostrato il fallimento delle misure varate da questo governo che non hanno portato né ad un risparmio reale sulla spesa farmaceutica né ad un risparmio per i cittadini, né tanto meno ad un rilancio dell’industria farmaceutica e ad un conseguente incremento della qualità dell’assistenza farmaceutica nel nostro paese. L’uso corretto del farmaco è la sfida per l’appropriatezza questione centrale per l’intero sistema sanitario. Per fare questo occorre un grande patto tra governo, regioni industrie farmaceutiche, medici di base, farmacisti e cittadini. Il settore farmaceutico è un settore strategico per le sue correlazioni nella ricerca e nell’industria campi in cui l’Italia deve riguadagnare le posizioni perse in questi anni.
(…)

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